Uno degli effetti dell’inquinamento atmosferico sono le piogge acide. L’uso dei combustibili fossili (carbone e derivati del petrolio) provoca l’emissione nell’atmosfera, oltre che di anidride carbonica, anche di anidride solforosa e di ossidi di azoto. E questi, una volta immessi nell’atmosfera, si combinano con il vapore acqueo delle nubi, dando origine a composti acidi che tornano sulla Terra sotto forma di “piogge acide”, ma anche di “nevi acide” e “nebbie acide”. Le conseguenze più evidenti delle piogge acide sono la lenta distruzione delle foreste, la scomparsa di ogni forma di vita nei laghi, i danni ai monumenti delle città. In Italia, a causa delle piogge acide, il 10% delle foreste viene considerato in grave pericolo.
Un altro effetto dell’inquinamento atmosferico di cui si parla molto spesso è il buco dell’ozono. L’ozono è un gas di colore azzurro, di odore forte e penetrante, pericoloso da respirare perché attacca le mucose. Si trova nella stratosfera e forma un guscio che avvolge la Terra e la protegge dai raggi ultravioletti facendone passare solo una piccola parte.
I raggi ultravioletti provenienti dal sole provocano un rallentamento dell’attività di fotosintesi e causano i tumori della pelle, per chi si espone troppo al sole soprattutto nelle ore più calde.
Da alcuni decenni si sta registrando una diminuzione dell’ozono nell’atmosfera soprattutto a causa di alcuni gas artificiali detti clorofluorocarburi CFC, impiegati negli impianti di condizionamento, come refrigeranti, nei frigoriferi domestici, nelle bombolette spray, nella produzione di alcune materie plastiche. I CFC, noti comunemente come FREON composti da cloro e fluoro, non sono tossici ma dispersi nell’aria provocano ingenti danni quando raggiungono l’atmosfera e vengono colpiti dai raggi ultravioletti liberando gli atomi di cloro. Gli atomi di cloro distruggono le molecole di ozono provocando quello che comunemente chiamiamo “buco dell’ozono” che non è altro che l’assottigliamento dello spessore dello strato di ozono nella stratosfera.
Un altro effetto causato dall’inquinamento atmosferico è tanto conosciuto: l’effetto serra. L’effetto serra è un fenomeno naturale determinato dalla presenza nell’atmosfera di gas (gas serra) che consentono il passaggio delle radiazioni solari, ma impediscono la dispersione del calore prodotto dalla Terra, consentendo al nostro pianeta di mantenere una temperatura ideale per la presenza di vita animale e vegetale. I gas serra creano una protezione nei confronti del Pianeta perché riflettono le radiazioni di calore e le rimandano alla Terra. Questi gas si comportano come i vetri di una serra, si lasciano attraversare dai raggi solari e respingono la radiazione di calore che il Pianeta assorbe. Di conseguenza il calore non si disperde, circonda la superficie terrestre e ne favorisce la vita.
Quando alcuni gas, come il metano, il vapore acqueo e soprattutto l’anidride carbonica, si concentrano in modo elevato nell’atmosfera, questo fenomeno aumenta, provocando il riscaldamento dell’atmosfera in tutte le zone della terra. Le attività umane stanno contribuendo a creare un effetto serra aggiuntivo a quello naturale. Questo altera tutti gli equilibri e potrebbe provocare grandi cambiamenti climatici e ambientali, quali la desertificazione di zone fertili e lo scioglimento delle calotte polari.
Nel dicembre 1997 i Paesi partecipanti alla Conferenza di Kyoto (180 Nazioni) hanno elaborato un documento, il Protocollo di Kyoto, che impegna i Paesi industrializzati e quelli a economia in transizione (I Paesi dell’Est Europeo) a ridurre complessivamente del 5%, entro il 2010, le principali emissioni nell’atmosfera dei gas responsabili dell’effetto serra. Nessun tipo di limitazione alle emissioni di gas è stato previsto per i Paesi in via di sviluppo, poiché un tale vincolo rallenterebbe o comunque condizionerebbe il loro cammino verso lo sviluppo economico.
Gli enormi interessi in gioco hanno imposto l’adozione di una serie di compromessi e reso difficile l’attuazione di questo protocollo.