Le rocce calcaree affiorano in molte aree della superficie terrestre: possono formare estensioni pianeggianti, come il Tavoliere delle Puglie, oppure vere e proprie montagne, come il Resegone, le Dolomiti e molti rilievi che formano la catena degli Appennini. Le rocce calcaree sono particolarmente sensibili all’alterazione chimica operata dalle acque delle precipitazioni: queste, infatti, presentano sempre un certo grado di acidità, a causa dell’anidride carbonica dell’aria che si scioglie nell’acqua piovana.
A contatto con le rocce, l’acqua delle precipitazioni scioglie il calcare e lentamente si insinua in tutte le fessure della roccia, allargandole progressivamente e trasformandole in conche e depressioni. E’ in questo modo che nel sottosuolo si formano grotte e gallerie, nelle quali vengono inghiottiti i corsi d’acqua, che scorrono in profondità e riaffiorano in superficie a distanza di chilometri.
Le regioni calcaree che presentano queste particolari forme superficiali sono chiamate regioni carsiche: il nome deriva dal Carso, un’area montuosa alle spalle di Trieste in cui il fenomeno è molto evidente.
Quando una fessura superficiale raggiunge la volta di una grotta, l’acqua che circola al suo interno esce goccia a goccia, e deposita intorno al foro d’uscita un piccolo anello di carbonato di calcio. Nel giro di qualche migliaia di anni, questo anello si ingrossa e si allunga, fino a formare un cilindro che pende dalla volta, una stalattite.
Le stesse gocce d’acqua che cadono dalla volta raggiungono il pavimento della grotta e depositano altro carbonato di calcio che, con il passare del tempo, forma una colonna che si innalza lentamente, una stalagmite. Sono necessari migliaia o anche milioni di anni, perché stalattiti e stalagmiti si congiungano e formino imponenti colonne di carbonato di calcio, come quelle che si possono ammirare in molte grotte italiane, tra cui quelle di Castellana e di Postumia.