Con l’arrivo dell’autunno e della primavera, quando le precipitazioni diventano intense e spesso violente, il territorio italiano è soggetto al fenomeno delle frane, che spesso precipitano su strade e abitazioni. Le cause sono sia naturali sia umane: le rocce che formano i versanti delle colline e delle montagne, in particolare degli Appennini, possono franare perché si tratta soprattutto di rocce sedimentarie, come argille e arenarie. Ma la colpa è anche umana: il taglio indiscriminato dei boschi che coprono i versanti, la costruzione di strade, abitazioni e impianti sciistici non fanno che aumentare il potere erosivo delle acque piovane, che si infiltrano nel sottosuolo e nelle fessure delle rocce, favorendo il distacco dei materiali.
Nei movimenti franosi la forza di gravità è aiutata da altri fattori. Uno di questi è l’acqua: quando essa riempie tutti gli spazi presenti all’interno del terreno, la coesione che teneva unite le particelle diminuisce; inoltre, l’acqua assorbita aumenta il peso dei materiali, favorendone lo scivolamento verso il basso.
Lo scivolamento è a sua volta favorito dalla pendenza del versante: maggiore è la pendenza, maggiori saranno sia la probabilità di scivolamento, sia la velocità di caduta.
Le frane si differenziano a seconda dei materiali franosi e della forma della superficie di distacco: per esempio, scivolamenti e scoscendimenti si verificano quando blocchi di materiali rocciosi scivolano a valle lungo una superficie di distacco già esistente, mentre gli smottamenti si formano quando masse di materiali rocciosi intrisi d’acqua scendono d’improvviso lungo pendii poco inclinati.
Può accadere che il disfacimento e la successiva caduta verso valle interessi un solo elemento di grandi dimensioni, come un masso isolato o un pezzo di una parete rocciosa: in questi casi si parla di crolli di materiali rocciosi.