Grazie al Progetto Genoma Umano, completato nel 2003, ora sappiamo che il nostro genoma contiene una piccola parte codificante di circa 21 000 geni e una vastissima porzione non codificante, e che l’origine di molte malattie può essere identificata nelle alterazioni di alcuni geni. Oggi uno dei settori di ricerca di maggiore interesse riguarda l’applicazione delle biotecnologie alla cura di alcune malattie genetiche. L’obbiettivo della terapia genica è quello di sostituire gli alleli difettosi o non funzionali di un gene con una copia funzionale del gene stesso.
Grazie a screening genetici, cioè test in grado di rivelare la predisposizione a una particolare malattia a partire da un semplice campione di sangue, è possibile diagnosticare difetti genetici già nell’embrione o prima del concepimento e intervenire in modo da far nascere adulti sani. Se da un lato queste indagini genetiche consentono la diagnosi precoce, la prevenzione o la cura di malattie ereditarie, dall’altro potrebbero esporre le persone a discriminazioni di vario tipo, per esempio sul lavoro o al momento di stipulare polizze assicurative.
Uno dei più controversi metodi di ricerca biotecnologica è la clonazione, cioè la possibilità di fare copie biologiche di cellule, tessuti, organi o addirittura di interi organismi. In natura esiste già una forma di clonazione: i gemelli omozigoti, per esempio, sono geneticamente identici, perciò sono due cloni. Ma sarebbe possibile clonare un essere umano già adulto, farne cioè una specie di “fotocopia” vivente?
Teoricamente sì, con le stesse tecniche di ingegneria genetica che nel 1996 hanno creato il primo animale clonato, la pecora Dolly. Dolly è nata dalla fusione fra una cellula uovo privata del nucleo e il nucleo di una cellula somatica, una tecnica complessa chiamata trasferimento nucleare. Ottenere quel risultato non fu facile: dopo molti tentativi i ricercatori isolarono 277 embrioni, ma sopravvissero soltanto Dolly e altri 4 feti.
In realtà, nessuno finora ha clonato un essere umano, e non è sicuro che sia possibile farlo. Anche perché, a quanto sembra, Dolly è invecchiata precocemente: a 6 anni soffriva già di artrite e di problemi polmonari, ed è morta l’anno successivo.
Nel caso degli esseri umani, c’è però un altro tipo di clonazione, la clonazione terapeutica, che usa particolari tecniche per far crescere tessuti e organi “in vitro”, cioè in coltura di laboratorio, a partire dalle cellule staminali. Cellule staminali fatte crescere in provetta sono, per esempio, reimpiantate per curare ustioni e tumori. Di questo si occupa una nuova branca della medicina, la medicina rigenerativa.
Il dibattito sulla clonazione umana, insieme a quello sull’ingegneria genetica, è di interesse pubblico. Governi e istituzioni si devono confrontare con la necessità di regolamentare l’uso delle biotecnologie. Lo spettro dell’eugenetica, cioè la manipolazione genetica per ottenere per esempio individui più alti, o con gli occhi azzurri, o con maggiore massa muscolare è sempre in agguato.
Di queste e altre considerazioni si occupa la bioetica, il ramo della scienza che affronta le problematiche morali collegate all’uso delle biotecnologie.