La risonanza magnetica (RM) sfrutta il comportamento degli atomi di idrogeno presenti nel corpo umano, i quali immessi in un campo magnetico generano un’immagine del corpo.
Gli atomi di idrogeno contengono un singolo protone che possiede una carica elettrica positiva. In condizioni normali, i protoni ruotano casualmente attorno al proprio asse, generando un microcampo magnetico che si annulla con altri protoni.
Per effettuare una RM, il paziente è posizionato all’interno di un grande magnete che genera un campo magnetico esterno (B0) influenzando i protoni. I protoni, sotto l’effetto del campo magnetico esterno, si orientano nella stessa direzione, formando il vettore di magnetizzazione longitudinale.
I protoni mantengono un movimento di rotazione attorno al campo magnetico statico (movimento di precessione) con una frequenza proporzionale all’intensità del campo magnetico.
Ogni protone si trova in diverse fasi di movimento rotatorio (fase di precessione), con alcuni in fase parallela al campo magnetico e altri in fase antiparallela.
L’immagine di RM si basa sulla misura della magnetizzazione trasversale che si crea quando i protoni in fase parallela cambiano improvvisamente verso l’antiparallelo.
Per creare un’immagine RM, si utilizzano sequenze di impulsi radio (RF) per manipolare i protoni.
Dopo l’orientamento dei protoni nel vettore di magnetizzazione longitudinale, si invia un impulso RF che inclina i protoni, facendo sì che la loro magnetizzazione si sposti nel piano trasversale.
Quando l’impulso RF termina, i protoni rilasciano l’energia assorbita e tornano all’orientamento longitudinale.
Durante questo processo, i protoni rilasciano segnali (segnaletica RM) che vengono rilevati dai rivelatori della RM.
L’immagine RM viene quindi creata analizzando i segnali rilasciati dai protoni dopo l’impulso RF.
I segnali sono acquisiti da diverse parti del corpo e vengono elaborati da un computer per creare un’immagine tridimensionale.
Le immagini RM forniscono dettagli anatomici molto precisi, distinguendo i tessuti in base alla loro diversa composizione e comportamento dei protoni.
Nella risonanza magnetica, il secondo passo coinvolge l’introduzione di impulsi di radiofrequenza (RF) per perturbare il sistema di protoni di idrogeno nel corpo. Questi impulsi hanno una frequenza identica a quella di precessione dei protoni, nota come frequenza di Larmor. Il loro obiettivo è fornire ai protoni nuova energia. Gli effetti principali di questi impulsi sono:
- Diminuzione della Magnetizzazione Longitudinale.
Questo avviene perché un maggior numero di protoni passa a un orientamento antiparallelo rispetto al campo magnetico statico. In altre parole, gli impulsi RF inducono un’oscillazione dei protoni che li spinge a ruotare da un orientamento parallelo a uno antiparallelo rispetto al campo magnetico statico B0. - Produzione di Magnetizzazione Trasversale. Gli impulsi di RF sincronizzano i moti di precessione dei protoni. Questa sincronizzazione porta alla produzione di una nuova magnetizzazione trasversale che inizialmente non era presente. La magnetizzazione trasversale è una componente del vettore di magnetizzazione che si sviluppa nel piano perpendicolare al campo magnetico statico B0.
Una volta terminata l’erogazione degli impulsi di radiofrequenza, il sistema di protoni ritorna alle condizioni di base. Durante questo processo, i protoni rilasciano energia sotto forma di un segnale elettromagnetico, che viene ricevuto dalla risonanza magnetica e utilizzato per formare l’immagine. Questo processo coinvolge due principali fenomeni di rilassamento dei protoni:
- Recupero della Magnetizzazione Longitudinale (T1). Dopo gli impulsi di RF, i protoni ritornano all’orientamento prevalentemente parallelo con il campo magnetico statico (B0). Questo processo di recupero della magnetizzazione longitudinale è definito come tempo T1. Il tempo T1 è il tempo che i protoni impiegano per recuperare il loro orientamento naturale lungo l’asse longitudinale, cedendo energia al tessuto circostante.
Nelle immagini pesate in T1, i tessuti con tempi T1 più lunghi appaiono più luminosi, mentre quelli con tempi T1 più brevi appaiono più scuri. - Decadimento della Magnetizzazione Trasversale (T2). Durante il recupero della magnetizzazione longitudinale, si verifica una perdita della sincronizzazione dei moti di precessione dei protoni. Questa perdita di sincronizzazione causa il decadimento della magnetizzazione trasversale. Il tempo di decadimento della magnetizzazione trasversale è definito come tempo T2. Il tempo T2 è causato dal rilassamento spin-spin, che rappresenta lo scambio di energia tra i protoni di atomi vicini.
Nelle immagini pesate in T2, i tessuti con tempi T2 più lunghi appaiono più luminosi, mentre quelli con tempi T2 più brevi appaiono più scuri.
Il risultato finale di questo processo è una serie di immagini (o sequenze) di uno stesso segmento corporeo. Le immagini sono orientate secondo i vari piani dello spazio, con caratteristiche diverse in base alla “pesatura” utilizzata (principalmente T1 e T2).
Le immagini pesate in T1 sono utili per evidenziare la morfologia anatomica e i dettagli dei tessuti.
Le immagini pesate in T2 sono utili per evidenziare l’acqua e le lesioni che modificano la quantità di acqua nei tessuti.