Il concetto di stereotipo venne introdotto per la prima volta dal giornalista e politologo statunitense Walter Lippman nel 1920. Egli sostiene che il rapporto con la realtà esterna non è diretto, ma è mediato dalle immagini mentali che ognuno di noi forma per quella realtà. Lo stereotipo è costituito dalle immagini mentali che ci costruiamo per semplificare la realtà e per renderla a noi comprensibile.
Per stereotipo si intende un insieme di opinioni e giudizi su una classe di individui o di oggetti. Gli stereotipi sono parte della cultura del gruppo a cui si appartiene e, come tali, vengono acquisiti dai singoli e utilizzati per comprendere la realtà. Il concetto di stereotipo è astratto e può avere un significato neutrale, positivo o negativo e, in questo caso, rispecchia talvolta l’opinione di un gruppo sociale riguardo ad altri gruppi.
A volte, specialmente negli stereotipi negativi, si tende a generalizzare una certa immagine di un gruppo, tale da convincere le persone che tutti gli individui di quel gruppo possiedono tali caratteristiche nella stessa misura, senza tenere conto delle variazioni individuali. Tuttavia, per gli individui, esso assume una funzione di tipo difensivo, contribuendo al mantenimento della cultura e alla salvaguardia delle posizioni da loro acquisite.
In genere si creano degli stereotipi per il bisogno della nostra mente di semplificare il mondo. Concentriamo la nostra energia per costruire atteggiamenti accurati solo verso le cose che più ci interessano, mentre semplifichiamo le credenze verso il resto.
Gli stereotipi possiedono una certa rigidità in quanto, una volta formati, sono difficilmente mutabili ed ancorati bene nella cultura e nella personalità tanto da resistere ai cambiamenti.
Il concetto di stereotipo è strettamente correlato a quello di pregiudizio.
Se andiamo ad analizzare il significato etimologico del termine pregiudizio, esso indica un giudizio che viene prima dell’esperienza o in assenza di dati effettivi, che può intendersi quindi più o meno errato. Se invece si analizza in modo più specifico e meno generale il termine, esso indica la tendenza a considerare in modo ingiustamente sfavorevole le persone che appartengono a un certo gruppo sociale.
Tecnicamente il pregiudizio può essere positivo o negativo, però in maniera più generale esso è un atteggiamento ostile nei confronti dei membri di un gruppo solamente perché appartengono a quel gruppo.
Da un punto di vista comportamentale, i pregiudizi dovuti a credenze stereotipate e una reazione emotiva negativa portano al fenomeno della discriminazione, ovvero quel comportamento scorretto, non paritario, ingiustificato, negativo e dannoso nei confronti di membri di un gruppo semplicemente a causa dell’appartenenza a quel determinato gruppo, che poi sfocia nella stigmatizzazione, in cui un membro della comunità viene declassato a un livello inferiore.
La discriminazione è una conseguenza particolarmente negativa dello stigma e del pregiudizio. Sta a significare che individui o gruppi in una società privano altri dei loro diritti e benefici a causa dello stigma e del pregiudizio.
La maggior parte degli individui soggetti a stigmatizzazione cerca di reagire a questo processo ritenuto ingiusto. Una modalità per ribellarsi a questo processo è quello di nascondere o tacere gli indizi su cui si fonda lo stigma sociale. Per esempio alcuni omosessuali non rivelano il loro orientamento sessuale. Un’altra modalità è quella di attuare tecniche di neutralizzazione con l’obiettivo di giustificare il loro essere diversi, soprattutto nei casi di devianza sociale. Un’ultima modalità è quella di organizzare una rete di stigmatizzati dello stesso tipo.
Fonti: Wikipedia – Wikipedia – Psiche e dintorni