La diffusione e l’impianto di cellule neoplastiche nella cavità peritoneale risultante in accumuli di tessuto tumorale che coinvolgono il peritoneo parietale, pelvico e diaframmatico e la superficie di rivestimento degli organi contenuti nella cavità addominale viene definita carcinosi peritoneale.
La carcinosi peritoneale ha inizio con l’esfoliazione e la caduta di cellule neoplastiche dalla parete infiltrata di un viscere, evento che può essere spontaneo o iatrogeno, nel corso di manipolazioni a scopo diagnostico o terapeutico, e liberazione di cellule cancerose in addome virtualmente pronte all’impianto peritoneale.
L’impianto peritoneale è possibile anche senza una vera e propria aggressione da parte della cellula neoplastica: infatti la diffusione intraperitoneale sfrutta meccanismi fisiologici peculiari di questa regione, primo fra tutti il riassorbimento del fluido peritoneale attraverso i milky-spots nel sistema circolatorio extravascolare, organuli peritoneali a forma di canestro dotati di piccoli pori presenti soprattutto nella radice mesenteriale e nell’omento.
Gli stomata, sono invece orifizi più grandi posizionati sulla superficie diaframmatica che mettono in comunicazione la cavità peritoneale con le lacune linfatiche sub mesoteliali, dove i linfatici aggettano a pieno canale.
Per la via dei milky spots e degli stomata, leucociti e macrofagi possono migrare nella cavità peritoneale nel corso di processi infiammatori e fluidi peritoneali vengono continuamente riassorbiti nel torrente linfatico.
Attraverso dette strutture, le cellule neoplastiche possono venire passivamente trasportate oltre la membrana basale, negli spazi submesoteliali: la carcinosi peritoneale, quindi, non deriva sempre dall’aggressione della membrana da parte di elementi con caratteristiche di invasività particolarmente spiccate, ma anche dal passaggio di cellule neoplastiche attraverso strutture fisiologiche che ne consentono l’attecchimento anche in caso di tumori benigni, quali l’adenoma mucinoso appendicolare.
Da ciò deriva che nei casi in cui la cellula neoplastica sia incapace di aggressione diretta, l’invasione peritoneale si determina in dipendenza del numero e della diffusione dei milky-spots, della forza di gravità e dei movimenti peristaltici intestinali che dislocano le cellule stesse lungo linee di fuga.
Con questo meccanismo si spiegano le aggregazioni tipiche nello scavo del Douglas, nella retrocavità degli epiploon e sulla superficie diaframmatica.
Poiché queste forze sono costanti e la concentrazione relativa degli stomata non si modifica da individuo a individuo, le carcinosi che originano da neoplasie a bassa aggressività biologica si caratterizzano per una diffusione regolare, detta “redistribuzione”: questa, nelle fasi precoci coinvolge il grande omento, la pelvi e il peritoneo sottodiaframmatico destro, per poi diventare ubiquitaria, ma con impianti superficiali che a lungo risparmiano le superfici sierose mobili e prive di milky-spots del piccolo intestino.
In tali casi è verosimile che il peritoneo sia, oltre che la sede, anche “l’ultimo margine” della neoplasia e che l’asportazione di esso possa coincidere con la rimozione totale della malattia.
Fonte: Anatomia patologica e correlazioni anatomo-cliniche (Mariuzzi).