In chimica, le prime teorie proposte avevano lo scopo di spiegare fenomeni comuni come, per esempio, quello della combustione. Perché certe sostanze bruciano? Che cosa succede di una sostanza quando brucia? È possibile “disfare” la combustione, cioè tornare dai prodotti della combustione alla sostanza che era stata bruciata?
Per cercare di rispondere a queste domande, i primi chimici sottoposero a combustione le più diverse sostanze, osservando di volta in volta ciò che succedeva. Essi notarono, per esempio, che, se le sostanze sottoposte a combustione erano in un recipiente chiuso, ben presto la combustione si arrestava. Scoprirono anche che molti metalli, sottoposti a combustione, si trasformavano in una polvere bianca, che chiamarono calce (oggi sappiamo che quella polvere bianca è un ossido del metallo). Scoprirono inoltre che un metallo poteva essere recuperato dalla sua calce mescolando quest’ultima con carbone e riscaldando fortemente il tutto.
Per spiegare queste osservazioni, nella prima parte del XVIII secolo i chimici formularono una teoria, secondo la quale nella combustione è implicata una sostanza fondamentale, che essi chiamarono flogisto. Il flogisto sarebbe presente in ogni sostanza che brucia e si libererebbe durante la combustione. In altre parole, secondo questa teoria, che fu chiamata teoria del flogisto, gli oggetti infiammabili sono infiammabili proprio perché contengono flogisto. Sempre secondo questa teoria, quando una sostanza viene fatta bruciare in un recipiente chiuso, la combustione termina ben presto perché l’interno del recipiente si satura di flogisto. Se però la stessa sostanza viene fatta bruciare all’aperto, essa continua a bruciare fino a che da essa non è fuoriuscito tutto flogisto. La teoria del flogisto spiegava anche perché, dopo essere stato sottoposto a combustione, un metallo poteva essere recuperato dalla sua calce riscaldando questa con carbone. Il carbone è infatti un materiale ricco di flogisto (come si poteva dedurre dal fatto che brucia molto bene); quindi, quando si combina con la calce, che altro non è che un metallo svuotato del suo flogisto, il carbone trasferisce parte del suo flogisto alla calce, e trasformandola nella sua forma “non bruciata”, cioè nel metallo.
La teoria del flogisto, che concordava con le precedenti osservazioni, fu accettata da molti come valida spiegazione del fenomeno della combustione. Tuttavia, come accade per ogni teoria scientifica, anche la validità della teoria del flogisto doveva essere sottoposta al vaglio degli esperimenti. Attorno alla metà del XVIII secolo, Louis-Bernard Guyton de Morveau (1737-1816) realizzò una serie di esperimenti che consistevano nel pesare i metalli prima e dopo averli sottoposti a combustione. Egli trovò che in tutti i casi, quando il metallo viene sottoposto a combustione, il suo peso aumenta. La teoria del flogisto portava invece a prevedere che, in quelle condizioni, il peso di un metallo deve diminuire perché, durante la combustione, il metallo perde flogisto. Era chiaro che occorreva modificare la teoria del flogisto in modo che fosse in grado di spiegare i risultati dei nuovi esperimenti.
A tal fine, ci fu chi ipotizzò che il flogisto fosse una sostanza talmente leggera da “spingere verso l’alto” i materiali che lo contenevano. In tal caso, quando da un materiale si liberava flogisto, il materiale aumentava di peso. Così modificata, la teoria concordava con i risultati dei nuovi esperimenti; tuttavia, quella modifica appariva decisamente forzata.
Antoine Lavoisier fornì una spiegazione più plausibile del fenomeno della combustione proponendo una teoria completamente nuova. Secondo lui, quando una sostanza veniva sottoposta a combustione, sottraeva qualcosa all’aria; e, viceversa, quando si faceva avvenire il processo inverso, di “decombustione“, qualcosa veniva ceduto dalla sostanza all’aria. In altre parole, nel bruciare, una sostanza si combinava con l’aria, e l'”aria combinata” si liberava nuovamente quando si riotteneva la sostanza dai prodotti di combustione. In un esperimento realizzato proprio per confermare la sua teoria, Lavoisier scaldò fortemente un miscuglio di calce e carbone concentrando su di esso la luce solare, mediante una gigantesca lente convergente: durante il processo si liberò un grande volume di “aria combinata”. Ancora una volta, il metodo scientifico aveva funzionato. Si era dimostrato che la teoria del flogisto non era valida e al suo posto era stata proposta una nuova teoria sulla combustione. Si tratta di una teoria che, con alcune modifiche, è tuttora valida.