
Il dolore acuto post-operatorio rappresenta una risposta fisiologica complessa all’insulto tissutale causato dall’intervento chirurgico. Per molti pazienti, si tratta dell’aspetto più temuto dell’esperienza chirurgica, con un impatto significativo sul recupero e sulla qualità di vita.
Se non adeguatamente controllato, il dolore post-operatorio può innescare una serie di risposte fisiopatologiche che coinvolgono diversi apparati, aumentando il rischio di complicanze e prolungando i tempi di guarigione. Per questo motivo, una gestione efficace del dolore non è solo una questione di comfort, ma un elemento cruciale per ridurre la morbilità, ottimizzare il decorso post-operatorio e abbreviare la degenza ospedaliera.
Effetti fisiologici del dolore post-operatorio
Il dolore post-chirurgico non è un sintomo isolato, ma un fenomeno sistemico che influenza negativamente l’intero organismo. Le conseguenze più rilevanti si osservano a livello respiratorio, cardiovascolare, endocrino-metabolico e immunitario.
Apparato respiratorio
Il dolore limita la respirazione profonda e la tosse, favorendo il ristagno di secrezioni bronchiali. Ciò può portare a una riduzione del volume polmonare, atelettasie e alterazioni del rapporto ventilazione-perfusione, con conseguente ipossiemia e ipercapnia. Nei casi più gravi, si può sviluppare una polmonite da ipoventilazione.
Apparato cardiovascolare
L’attivazione del sistema nervoso simpatico, indotta dal dolore, causa tachicardia e ipertensione, aumentando il lavoro cardiaco. Nei pazienti con coronaropatie, questo stress emodinamico può scatenare ischemia miocardica o aritmie. Inoltre, lo stato di ipercoagulabilità, aumentata adesione piastrinica e diminuita fibrinolisi associata allo stress chirurgico incrementa il rischio di trombosi venosa profonda, soprattutto se il dolore limita la deambulazione precoce.
Sistema endocrino e metabolico
Il dolore attiva la risposta da stress, con aumento del cortisolo e dell’adrenalina. Questi cambiamenti inducono insulino-resistenza, iperglicemia e catabolismo proteico, ostacolando la riparazione tissutale. Si osserva anche ritenzione idrosalina, che può aggravare l’edema post-operatorio.
Altri effetti sistemici
A livello gastrointestinale, il dolore contribuisce all’ileo paralitico, ritardando la ripresa dell’alvo. Sul sistema urinario, può causare ritenzione urinaria, mentre l’immunosoppressione correlata allo stress aumenta la suscettibilità alle infezioni.
Meccanismi della nocicezione
La percezione del dolore è un processo fisiologico complesso, che coinvolge recettori specializzati, vie nervose e strutture centrali di elaborazione.

I nocicettori sono terminazioni nervose libere presenti in pelle, muscoli, ossa e tessuti connettivi. Vengono attivati da stimoli meccanici, termici o chimici, come quelli rilasciati durante un danno tissutale (prostaglandine, bradichinina, ioni H⁺).
Il segnale doloroso viaggia lungo fibre nervose mieliniche (Aδ, per il dolore rapido) e amieliniche (C, per il dolore sordo), raggiungendo le corna dorsali del midollo spinale. Qui, i neuroni di primo ordine trasmettono l’impulso a quelli di secondo ordine, che si incrociano e risalgono lungo il tratto spino-talamico.
Le informazioni raggiungono il talamo e, successivamente, la corteccia somatosensoriale, dove il dolore diventa cosciente. Collaterali proiettano anche alla formazione reticolare e alla sostanza grigia periacqueduttale, aree coinvolte nella modulazione discendente del dolore.
I FANS agiscono bloccando la ciclo-ossigenasi, riducendo la sintesi di prostaglandine e quindi l’attivazione periferica dei nocicettori. Gli oppioidi, invece, agiscono a livello centrale, inibendo la trasmissione negli interneuroni midollari.
Vie di somministrazione dei farmaci analgesici
La gestione del dolore post-operatorio richiede un approccio farmacologico multimodale, dove la scelta della via di somministrazione gioca un ruolo determinante nell’efficacia analgesica e nel profilo di sicurezza. A differenza del dolore cronico, dove la via orale rappresenta la prima scelta, nel contesto post-chirurgico si prediligono vie di somministrazione più rapide e controllabili.
La via endovenosa emerge come approccio privilegiato nel periodo post-operatorio immediato. Questa preferenza si basa sulla capacità di raggiungere rapidamente concentrazioni plasmatiche terapeutiche, permettendo una precisa titolazione del farmaco in base alle necessità del paziente. Tra le diverse modalità di somministrazione endovenosa, la PCA (Patient-Controlled Analgesia) rappresenta una soluzione particolarmente efficace. Questo sistema, che consente al paziente di autosomministrarsi dosi predeterminate di analgesico attraverso un dispositivo programmato, attivando un pulsante che inietta un bolo di soluzione a basse dosi di oppiode. Ci sono dei limiti al numero di boli da fare e ci dev’essere anche un intervallo di tempo tra un bolo e l’altro. Offre numerosi vantaggi tra cui una migliore soddisfazione del paziente, un minor consumo complessivo di oppioidi e una riduzione degli effetti collaterali tipicamente associati a questi farmaci.
Le tecniche regionali costituiscono un altro pilastro fondamentale dell’analgesia post-operatoria. L’analgesia neuroassiale, che comprende sia l’approccio epidurale che quello intratecale, si distingue per la sua capacità di fornire un ottimo controllo del dolore riducendo al contempo la risposta neuroendocrina allo stress chirurgico. L’analgesia epidurale, in particolare, può essere somministrata attraverso diverse modalità, tra cui l’infusione continua o la PCEA (Patient Controlled Epidural Analgesia), che combina i vantaggi dell’infusione continua con la possibilità per il paziente di autosomministrarsi dosi supplementari quando necessario.
Un’attenzione particolare merita la gestione dei cateteri epidurali in pazienti sottoposti a terapia anticoagulante. In questi casi, è fondamentale rispettare precise tempistiche per la rimozione del catetere, sospendendo l’eparina a basso peso molecolare almeno 12 ore prima della procedura e programmando la successiva dose non prima di 4 ore dopo la rimozione.

I blocchi nervosi periferici, eseguiti sotto guida ecografica, rappresentano un’ulteriore opzione terapeutica particolarmente utile in specifici contesti chirurgici. Tecniche come il TAP block (blocco del piano trasverso dell’addome) permettono di ottenere un’analgesia mirata nella regione interessata dall’intervento, riducendo al minimo gli effetti sistemici dei farmaci analgesici. La possibilità di posizionare cateteri per infusioni continue estende ulteriormente la durata dell’effetto analgesico.
Le vie di somministrazione alternative, come quella transmucosa o transdermica, trovano indicazione in particolari situazioni cliniche o nella fase di transizione verso la terapia orale.
La TENS (Stimolazione Nervosa Elettrica Transcutanea), pur non essendo una tecnica farmacologica, può rappresentare un utile complemento terapeutico in alcuni casi, agendo attraverso meccanismi di modulazione nervosa e rilascio di endorfine endogene.
La scelta della strategia analgesica ottimale deve tenere conto di numerosi fattori, tra cui il tipo e la sede dell’intervento, le condizioni generali del paziente e la disponibilità di risorse. Un approccio multimodale, che combini diverse tecniche analgesiche, si è dimostrato particolarmente efficace nel garantire un adeguato controllo del dolore minimizzando al contempo gli effetti collaterali. Fondamentale risulta il monitoraggio continuo del paziente, con particolare attenzione al rischio di depressione respiratoria nei casi di utilizzo di oppioidi e alla comparsa di eventuali effetti emodinamici indesiderati.
Farmaci analgesici nel dolore post-operatorio
Il controllo farmacologico del dolore post-operatorio si basa sull’utilizzo razionale di diverse classi di farmaci, ciascuna con specifiche indicazioni e profili di sicurezza. La scelta terapeutica deve considerare l’intensità del dolore, le caratteristiche del paziente e il tipo di intervento chirurgico subito.
Il paracetamolo rappresenta il capostipite degli analgesici non oppioidi. La sua azione centrale lo rende particolarmente utile nel contesto post-operatorio, dove viene spesso impiegato come base dell’analgesia multimodale. A differenza dei FANS, non ha azione antinfiammatoria, non presenta significativi effetti collaterali a livello gastrointestinale né interferisce con l’emostasi, caratteristica che lo rende particolarmente sicuro in molti contesti chirurgici. La somministrazione endovenosa (1 g ogni 6 ore) ne garantisce un rapido effetto analgesico, mentre la tossicità epatica, seppur rara alle dosi terapeutiche, impone cautela nei pazienti con insufficienza epatica preesistente. La dose di tossicità epatica è di 125 mg/kg nelle 24 ore.
I FANS (ketorolac, ketoprofene) trovano ampia applicazione nel controllo del dolore post-operatorio, specialmente quando è presente una componente infiammatoria. La loro azione si esplica attraverso l’inibizione della cicloossigenasi, con conseguente riduzione della produzione di prostaglandine. Sebbene generalmente sicuri nell’uso a breve termine, richiedono particolare attenzione nei pazienti con rischio emorragico, insufficienza renale o storia di ulcera peptica. Ketorolac, in particolare, mostra una potente attività analgesica paragonabile a quella di alcuni oppioidi, ma il suo uso è limitato a 5 giorni per il rischio di complicanze gastrointestinali.
Gli oppioidi rimangono la pietra miliare nel trattamento del dolore post-operatorio moderato-grave.
La morfina, il prototipo di questa classe, agisce come agonista sui recettori μ del sistema nervoso centrale, fornendo una potente analgesia. Tuttavia, il loro uso è gravato da importanti effetti collaterali tra cui depressione respiratoria, nausea e vomito, stipsi, sedazione e sindrome da astinenza. La titolazione della dose e il monitoraggio continuo sono essenziali per garantire sicurezza ed efficacia.
La buprenorfina, con il suo profilo di sicurezza più favorevole, rappresenta un’alternativa valida in particolari contesti clinici.
Il tramadolo occupa una posizione intermedia tra gli oppioidi puri e gli analgesici non oppioidi. La sua duplice azione (debole agonismo oppioide e inibizione del reuptake di noradrenalina e serotonina) lo rende particolarmente utile nel dolore moderato. Sebbene generalmente meglio tollerato rispetto agli oppioidi tradizionali, può causare nausea e vomito con maggiore frequenza, effetti che richiedono una specifica profilassi antiemetica (con metoclopramide e non ondansetron poiché ne riduce l’effetto).
L’approccio terapeutico moderno al dolore post-operatorio privilegia sempre più strategie multimodali, che combinano diversi farmaci a meccanismo d’azione complementare. Questa strategia permette di ottenere un miglior controllo del dolore riducendo contemporaneamente gli effetti avversi legati all’uso di dosi elevate di singoli farmaci. L’integrazione con tecniche di analgesia regionale, quando possibile, completa il quadro terapeutico offrendo al paziente il miglior rapporto beneficio-rischio.
Fonte: Manuale di anestesia e rianimazione. Concorso Nazionale SSM.