I pianeti, i satelliti, le comete, sono in continuo movimento nello spazio. I pianeti, in particolare, ruotano su se stessi attorno a un asse (moto di rotazione) e descrivono intorno al Sole percorsi detti orbite, a forma di ellisse (moto di rivoluzione). L’ellisse, una linea chiusa simile a una circonferenza un po’ schiacciata, è una figura geometrica che si determina facendo riferimento a due punti chiamati fuochi: la somma delle distanze di un punto qualsiasi dell’ellisse dai due fuochi è costante.
Il merito di avere scoperto la forma delle orbite e le leggi che regolano la velocità con cui i corpi celesti le percorrono è di Giovanni Keplero, astronomo tedesco vissuto a cavallo fra XVI e XVII secolo. Egli poté avvalersi delle precise osservazioni dell’astronomo danese Tycho Brahe, di cui fu assistente. Le leggi che regolano il moto dei pianeti sono note appunto come leggi di Keplero.
La prima legge di Keplero stabilisce che i pianeti, muovendosi attorno al Sole, percorrono orbite ellittiche di cui il Sole occupa uno dei due fuochi. A causa della forma della sua orbita, un pianeta non si trova sempre alla stessa distanza dal Sole: il punto dell’orbita in cui si trova più vicino al Sole è detto perielio, quello in cui si trova più lontano è detto afelio.
La seconda legge di Keplero stabilisce a quale velocità un pianeta si muove attorno al Sole: il raggio vettore (la linea immaginaria che unisce il pianeta al Sole) spezza aree uguali in tempi uguali. Ciò significa che la velocità del pianeta non è costante: è massima quando si trova in perielio e minima in afelio.
La terza legge di Keplero mette in relazione le dimensioni delle orbite planetarie e il tempo impiegato a percorrerle: il quadrato del periodo di rivoluzione di un pianeta (il tempo che esso impiega a compiere un’orbita completa) è proporzionale al cubo della sua distanza media dal Sole. I pianeti più vicini al Sole, quindi, percorrono le loro orbite più velocemente dei pianeti lontani.
Le tre leggi di Keplero erano leggi sperimentali in grado di descrivere il movimento dei corpi celesti, ma non spiegavano quale forza “costringe” i pianeti a girare in orbita intorno al Sole.
Lo scienziato inglese Isaac Newton, alla fine del XVII secolo, fu in grado di dimostrare che la forza che attrae una mela che cade verso terra è la stessa che obbliga la Luna a girare intorno alla Terra e che obbliga i pianeti a girare intorno al Sole.
La legge di gravitazione universale, da lui formulata, afferma che due corpi qualsiasi si attraggono con una forza che è direttamente proporzionale alle rispettive masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza che li separa.
Secondo la legge di Newton, quindi, ciascun pianeta viene attratto dal Sole con una forza che è direttamente proporzionale alla massa del Sole e a quella del pianeta, e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Lo stesso fenomeno si osserva fra i pianeti, fra i pianeti e i loro satelliti e, in generale, fra tutti i corpi dell’Universo, compresi tutti gli oggetti che si trovano sulla Terra sottoposti alla forza di gravità che essa esercita. Per queste ragioni, la legge formulata da Newton viene detta “universale”.