Gli anestetici locali rappresentano una classe di farmaci fondamentali in ambito medico, utilizzati per interrompere in modo transitorio e reversibile la conduzione nervosa nelle aree in cui vengono applicati. Questa azione avviene senza provocare danni strutturali ai tessuti, rendendoli strumenti sicuri ed efficaci per il controllo del dolore durante procedure mediche, odontoiatriche o chirurgiche.
Dal punto di vista chimico, gli anestetici locali sono basi deboli costituite da un anello benzenico legato a un gruppo amminico attraverso un legame di tipo estere o ammide. Questa distinzione chimica permette di classificarli in due categorie principali:
- amino-esteri: metabolizzati dalle pseudocolinesterasi plasmatiche. Un esempio classico è la procaina;
- amino-amidi: metabolizzati nel fegato attraverso un processo di dealchilazione ossidativa. Questa categoria include farmaci più comuni come la lidocaina e la ropivacaina.
Un trucco mnemonico per distinguere le due classi è osservare il nome del farmaco: le amino-amidi contengono almeno una “i” prima del suffisso -caina (es. lidocaina, ropivacaina), mentre gli amino-esteri ne sono privi (es. procaina).
Classe | Esempi | Metabolismo |
---|---|---|
Amino-esteri | Procaina Clorprocaina Tetracaina Cocaina | Rapido, da parte delle pseudocolinesterasi sieriche |
Amino-amidi | Lidocaina Mepivacaina Prilocaina Bupivacaina, levobupivacaina Etidocaina Ropivacaina Articaina | Dealchilazione ossidativa nel fegato |
Meccanismo d’Azione
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Gli anestetici locali agiscono bloccando in modo prevedibile e reversibile la generazione e la propagazione degli impulsi nervosi. Il loro bersaglio principale è la porzione intracellulare dei canali del sodio presenti nelle membrane neuronali. Questi canali sono essenziali per la trasmissione del potenziale d’azione lungo l’assone. Quando gli anestetici locali si legano a questi canali, impediscono l’ingresso degli ioni sodio, interrompendo così la conduzione dell’impulso nervoso.
L’effetto è dose-dipendente e influenzato dalle caratteristiche delle fibre nervose. In particolare, le fibre più sottili (come le fibre C, responsabili della trasmissione del dolore) vengono bloccate prima rispetto a quelle di calibro maggiore (come le fibre motorie). Al contrario, il recupero della funzionalità nervosa avviene in ordine inverso.
Oltre alle iniezioni, gli anestetici locali sono disponibili anche in formulazioni topiche, come la crema EMLA (Eutectic Mixture of Local Anesthetics). Questa crema è composta da una miscela di 2,5% lidocaina e 2,5% prilocaina e viene utilizzata per ridurre il dolore associato a procedure mediche, come il posizionamento di accessi venosi, specialmente in ambito pediatrico. Per ottenere l’effetto desiderato, la crema deve essere applicata su cute sana e intatta almeno 30 minuti prima della procedura.
L’uso degli anestetici locali richiede una buona conoscenza delle loro proprietà farmacologiche, tra cui la durata d’azione, la potenza e il profilo di sicurezza. Ad esempio, la scelta tra un amino-estere e un amino-amide può dipendere dalla necessità di un metabolismo più rapido (nel caso degli esteri) o di una durata d’azione più prolungata (nel caso delle amidi).
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Proprietà chimico-fisiche
Le proprietà chimico-fisiche degli anestetici locali giocano un ruolo cruciale nel determinarne l’efficacia, la velocità d’azione (onset), la durata dell’effetto e la potenza. Tra queste, le più rilevanti sono il pKa, la liposolubilità, il legame proteico, la concentrazione del farmaco e l’uso di vasocostrittori.
Il pKa di un anestetico locale è definito come il pH al quale il 50% del farmaco è presente in forma ionizzata (idrosolubile) e il 50% in forma non-ionizzata (liposolubile). Poiché gli anestetici locali sono basi deboli, la proporzione tra la forma ionizzata e non-ionizzata dipende dal pKa del farmaco e dal pH dell’ambiente in cui si trova.
- Range di pKa: negli anestetici locali, il pKa varia tipicamente tra 7,7 e 9,8 a pH fisiologico (7,4);
- effetto sul tempo di insorgenza (onset): più il pKa di un anestetico è vicino al pH fisiologico, maggiore è la quota di farmaco non-ionizzato (liposolubile), che può attraversare rapidamente la membrana cellulare. Questo si traduce in un onset più rapido;
- modifiche del pH: l’aggiunta di bicarbonato di sodio alla soluzione anestetica aumenta il pH, favorendo la forma non-ionizzata e accelerando l’inizio dell’effetto. Al contrario, nei tessuti infiammati (dove il pH è più basso), la quota ionizzata aumenta, rendendo più difficile il blocco nervoso e ritardando l’onset.
La liposolubilità è una proprietà fondamentale che influenza la capacità dell’anestetico di diffondersi attraverso le membrane cellulari, in particolare la membrana assonale. Maggiore è la liposolubilità, maggiore è la potenza dell’anestetico, poiché il farmaco può raggiungere più facilmente i canali del sodio all’interno della cellula nervosa.
Il legame proteico degli anestetici locali con le proteine plasmatiche (come l’albumina) è un fattore determinante per la durata dell’effetto. Un maggiore legame proteico riduce la quota di farmaco libero nel plasma, prolungando l’azione anestetica. Ad esempio, la bupivacaina ha un elevato legame proteico, che ne spiega la lunga durata d’azione rispetto ad altri anestetici.
La concentrazione dell’anestetico locale influisce direttamente sulla velocità di insorgenza dell’effetto. Concentrazioni più elevate determinano un effetto massa, che favorisce una diffusione più rapida del farmaco attraverso le membrane cellulari, accelerando l’onset.
La maggior parte degli anestetici locali ha un effetto vasodilatatore, che aumenta il flusso ematico locale e accelera l’assorbimento sistemico, riducendo la durata dell’effetto. Per contrastare questo fenomeno, si aggiungono vasocostrittori come l’adrenalina o la fenilefrina. Questi agenti riducono il flusso sanguigno locale, limitando l’assorbimento sistemico e prolungando l’effetto anestetico.
È importante notare che la permeabilità capillare non è un fattore rilevante nella scelta dell’anestetico, mentre lo sono le caratteristiche chimico-fisiche sopra descritte.
Baricità
La baricità è una proprietà fondamentale degli anestetici locali e dei preparati farmacologici utilizzati per l’anestesia subaracnoidea (o spinale). Questo parametro si riferisce al peso specifico del farmaco rispetto a quello del liquido cerebrospinale (CSF). La baricità influenza la distribuzione dell’anestetico all’interno dello spazio subaracnoideo, determinando l’estensione e la selettività del blocco anestetico.
Gli anestetici locali possono essere classificati in base alla loro baricità rispetto al CSF:
- isobarici: hanno un peso specifico simile a quello del CSF (circa 1,004-1,007 g/mL). Questi farmaci tendono a rimanere localizzati nel punto di iniezione, senza diffondersi significativamente nelle regioni circostanti.
Esempio: soluzioni isobariche di bupivacaina o ropivacaina; - iperbarici: hanno un peso specifico maggiore rispetto al CSF. Grazie alla forza di gravità, si distribuiscono nelle regioni declivi del canale midollare.
Esempio: soluzioni iperbariche ottenute aggiungendo glucosio sterile alla bupivacaina; - ipobarici: hanno un peso specifico inferiore rispetto al CSF. Tendono a risalire nelle regioni non declivi del canale midollare.
Esempio: soluzioni ipobariche di lidocaina o bupivacaina diluite con acqua sterile.
La baricità degli anestetici locali permette di ottenere anestesie selettive, adattando l’effetto del farmaco alle esigenze specifiche della procedura chirurgica o medica. Ecco come:
- anestesia omolaterale: utilizzando una soluzione iperbarica e posizionando il paziente in decubito laterale, l’anestetico si distribuisce sul lato declive, ottenendo un blocco selettivo del lato omolaterale. Questo si applica soprattutto per la chirurgia ortopedica su un arto inferiore;
- anestesia a sella: con soluzioni iperbariche e il paziente in posizione seduta, l’anestetico si concentra nella regione sacrale, ideale per procedure perineali o urologiche;
- anestesia controlaterale: utilizzando una soluzione ipobarica e posizionando il paziente in decubito laterale, l’anestetico risale verso il lato controlaterale, ottenendo un blocco su quel lato ad esempio nella chirurgia di un arto superiore o toracica.
Dopo l’iniezione subaracnoidea, è fondamentale monitorare la posizione del paziente per garantire che l’anestetico si distribuisca in modo appropriato. Un posizionamento errato potrebbe portare a una diffusione indesiderata dell’anestetico verso regioni toraciche, cervicali o addirittura bulbari, con rischi significativi per il paziente, come depressione respiratoria o instabilità cardiovascolare.
La baricità ha quindi i vantaggi di:
- selettività: permette di ottenere un blocco anestetico mirato, riducendo l’esposizione sistemica del paziente al farmaco;
- flessibilità: adattabile a diverse esigenze chirurgiche e posizioni del paziente;
- sicurezza: minore rischio di effetti collaterali sistemici rispetto all’anestesia generale.
Anestetico Locale | Peso Molecolare | pKa | Liposolubilità | Legame Proteico % |
---|---|---|---|---|
Procaina | 236 | 8.9 | 0.02 | 5.8 |
Clorprocaina | 271 | 8.7 | 0.14 | – |
Tetracaina | 264 | 8.5 | 4.1 | 76 |
Prilocaina | 220 | 7.0 | 0.9 | – |
Etidocaina | 276 | 7.7 | 141 | 94 |
Lidocaina | 234 | 7.9 | 2.9 | 64 |
Mepivacaina | 246 | 7.8 | 0.8 | 78 |
Bupivacaina | 288 | 8.2 | 28 | 96 |
Ropivacaina | 274 | 8.0 | 3 | 95 |
Levobupivacaina | 288 | 8.1 | 29 | 96 |
Tossicità
Gli anestetici locali sono farmaci molto sicuri se usati correttamente, ma in alcuni casi possono causare effetti indesiderati, come reazioni allergiche o tossicità sistemica. Questi problemi dipendono dal tipo di anestetico, dalla dose somministrata e da come viene somministrato.
Le reazioni allergiche sono più comuni con gli anestetici locali di tipo amino-estere (come la procaina) rispetto agli amino-amidi (come la lidocaina). Questo perché gli amino-esteri, una volta metabolizzati, producono una sostanza chiamata acido p-aminobenzoico (PABA), che può scatenare reazioni allergiche.
- Reazioni locali: possono includere eritema, orticaria o dermatite.
- Reazioni sistemiche (più rare): in casi gravi eritema generalizzato, edema, broncocostrizione, ipotensione e, nei casi più estremi, collasso cardiocircolatorio.
La tossicità locale è rara quando gli anestetici locali vengono usati per brevi periodi. Tuttavia, un uso prolungato o ripetuto può causare irritazione dei tessuti o, in casi rari, danni ai nervi.
La tossicità sistemica è la complicanza più grave e di solito si verifica quando l’anestetico locale viene iniettato per errore in un vaso sanguigno (somministrazione intravascolare) o quando si supera la dose massima raccomandata. In questi casi, l’anestetico entra in circolo in grandi quantità, causando effetti su due sistemi principali: il sistema nervoso centrale (SNC) e il sistema cardiovascolare.
I sintomi neurologici iniziano in modo lieve e possono progredire rapidamente:
- sensazione di testa leggera o stordimento;
- sapore metallico in bocca;
- ronzii alle orecchie (tinniti);
- disturbi visivi;
- spasmi muscolari, perdita di coscienza, crisi tonico-cloniche (simili a quelle epilettiche) e coma.
La tossicità cardiovascolare è particolarmente pericolosa e può includere:
- riduzione della contrattilità del cuore;
- aritmie che possono essere difficili da trattare;
- perdita del tono vascolare, che porta a ipotensione e, nei casi più gravi, collasso cardiocircolatorio.
All’elettrocardiogramma (ECG), si può notare un intervallo PR prolungato e un allargamento del complesso QRS, segnali che indicano un’alterazione della conduzione cardiaca.
Se si sospetta una tossicità da anestetici locali, è fondamentale agire rapidamente seguendo un protocollo ben definito:
- interrompere immediatamente la somministrazione dell’anestetico, se possibile;
- somministrare ossigeno al 100% per supportare la respirazione;
- controllare le vie aeree: se necessario, procedere con l’intubazione per garantire che il paziente respiri correttamente;
- preparare un accesso venoso di grosso calibro per somministrare farmaci o fluidi;
- gestire le convulsioni: si possono usare benzodiazepine, tiopentale sodico (TPS) o piccole dosi di propofol. Attenzione: il propofol va evitato se il paziente è instabile dal punto di vista emodinamico;
- trattare le aritmie: queste possono essere molto resistenti ai farmaci, quindi è importante agire con tempestività;
- in caso di arresto cardiaco, iniziare immediatamente la rianimazione cardiopolmonare (RCP);
- evitare alcuni farmaci: vasopressina, calcio-antagonisti e beta-bloccanti possono peggiorare la situazione;
- se si usa adrenalina, è importante non superare la dose di 1 mcg/kg;
- considerare la circolazione extracorporea, se disponibile, in casi estremi;
- infusione di emulsioni lipidiche: in caso di arresto cardiaco refrattario, si può ricorrere a soluzioni lipidiche come l’Intralipid® al 20%. Il meccanismo non è del tutto chiaro, ma si pensa che queste emulsioni agiscano come una “trappola” per l’anestetico, riducendone la concentrazione nel sangue.
Prevenzione e Monitoraggio
- prevenzione: per evitare la somministrazione intravascolare accidentale, è sempre importante aspirare prima di iniettare l’anestetico, per assicurarsi che l’ago non sia in un vaso sanguigno;
- monitoraggio: durante l’uso di anestetici locali, è essenziale tenere sotto controllo i parametri vitali e riconoscere i primi segni di tossicità;
- scelta dell’anestetico: in pazienti con storia di allergie, è preferibile usare amino-amidi (come la lidocaina) invece degli amino-esteri.
Fonte: Manuale di anestesia e rianimazione. Concorso Nazionale SSM.
Altre fonti: