Batteriuria asintomatica: quando l’antibiotico non serve

È un’esperienza comune: si eseguono esami di routine, magari per un controllo annuale, e il referto delle urine segnala la presenza di batteri nel sedimento urinario. La prima reazione, spesso condivisa da pazienti e alcuni sanitari, è di allarme: “Ho un’infezione!

Ma non sempre è così. In molti casi, si tratta di una batteriuria asintomatica, una condizione benigna che non richiede trattamento con antibiotici.

Che cos’è la batteriuria asintomatica?

La batteriuria asintomatica si verifica quando nelle urine si rileva la presenza di batteri, in modo persistente e documentato (tipicamente tramite urinocoltura), senza alcun sintomo clinico associato.
Non ci sono segnali di infezione del tratto urinario: nessuna disuria, nessuna urgenza o frequenza minzionale, nessun dolore sovrapubico o lombare, niente febbre.

Perché si verifichi una vera diagnosi di batteriuria asintomatica, le linee guida internazionali specificano anche dei criteri quantitativi:

  • nelle donne: ≥10⁵ CFU/ml (unità formanti colonia) di un unico batterio in due campioni di urine consecutivi;
  • negli uomini: ≥10⁵ CFU/ml in un solo campione;
  • in portatori di catetere: ≥10² CFU/ml può essere sufficiente, anche con più specie batteriche.

Questi batteri possono colonizzare il tratto urinario senza scatenare una risposta infiammatoria significativa, soprattutto quando il sistema immunitario è in equilibrio e la mucosa urinaria non è danneggiata.
Non va confusa con un’infezione urinaria vera e propria, che implica la combinazione di batteriuria e sintomi clinici.

Chi colpisce più spesso?

La batteriuria asintomatica è relativamente comune e la sua prevalenza aumenta con l’età e in presenza di alcune condizioni predisponenti. I gruppi più frequentemente interessati sono:

  • donne in post-menopausa: per effetto della riduzione degli estrogeni, che altera la flora vaginale protettiva e favorisce la colonizzazione da parte di batteri uropatogeni;
  • pazienti anziani: la prevalenza può superare il 20-30% nelle donne e 10% negli uomini oltre i 70 anni, anche in assenza di sintomi;
  • diabetici: l’iperglicemia e la glicosuria possono facilitare la crescita batterica. La batteriuria asintomatica è fino a 2-3 volte più frequente rispetto ai non diabetici;
  • portatori di catetere urinario: soprattutto a lungo termine, presentano colonizzazione batterica costante. In questi casi, la batteriuria asintomatica è quasi universale;
  • pazienti istituzionalizzati o con disabilità: nei quali spesso convivono più fattori di rischio (mobilità ridotta, incontinenza, cateteri, comorbidità).

In questi gruppi, la batteriuria è spesso persistente ma innocua, e nella maggior parte dei casi non necessita di alcuna terapia, se non compaiono sintomi.

Quando si cura?

Una delle convinzioni più radicate, ma errate, è che la semplice presenza di batteri nelle urine richieda automaticamente un trattamento antibiotico. In realtà, la batteriuria asintomatica nella stragrande maggioranza dei casi non va trattata.

Questo principio è chiaramente espresso nelle linee guida internazionali, come quelle dell’IDSA (Infectious Diseases Society of America), che raccomandano di non somministrare antibiotici se il paziente non ha sintomi urinari.

L’eccezione riguarda solo alcune situazioni cliniche ben definite, in cui il rischio di complicanze è aumentato:

  • in gravidanza: perché anche in assenza di sintomi può evolvere in pielonefrite acuta con complicanze ostetriche come parto pretermine e basso peso alla nascita. Si raccomanda urinocoltura periodica e trattamento se positiva;
  • prima di procedure urologiche invasive che possono causare sanguinamento delle mucose (es. resezione transuretrale della prostata, chirurgia con accesso vescicale): il trattamento riduce il rischio di batteriemia o sepsi post-operatoria;
  • in trapiantati renali recenti (entro 1-2 mesi): il rischio di infezioni gravi del graft è elevato, anche in assenza di sintomi. In questi casi, si tratta anche la batteriuria asintomatica, specialmente in fase post-trapianto precoce.

Quando NON si cura

  • Donne in post-menopausa;
  • pazienti diabetici;
  • anziani in buona salute, anche con alterazioni urinarie all’esame;
  • pazienti con disabilità e catetere urinario permanente (salvo infezione sintomatica);
  • pazienti anziani e/o istituzionalizzati, anche con batteriuria persistente;
  • pazienti immunocompetenti senza sintomi.

In questi casi, il trattamento non previene infezioni future, non migliora la sopravvivenza, e può favorire resistenze batteriche o causare effetti avversi. Il trattamento distrugge la flora batterica utile, aumentando il rischio di reinfezioni o candidosi.

Trattare senza indicazione è non solo inutile, ma potenzialmente dannoso.

È un principio fondamentale del concetto di antibiotic stewardship, cioè l’uso razionale e responsabile degli antibiotici.

Fonti:

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