Sigmund Freud fu un rinomato studioso di inizio ‘900 e viene riconosciuto dal mondo scientifico come il padre della psicoanalisi, ovvero lo studio del mondo del subconscio e le opportune misure psicoterapeutiche a cui questo studio conduce per risolvere un particolare problema.
Uno dei principali problemi presentati in materia dallo psicanalista è stata la teoria del cosiddetto “Complesso di Edipo”.
Freud cominciò ad occuparsene dopo aver notato uno strano comportamento in alcuni bambini (di entrambi i sessi) che, una volta entrati nella fase fallica (3 anni circa) della vita, assumevano atteggiamenti piuttosto compiacenti nei confronti delle madri.
Lo studioso rifletté mesi e mesi sulla tematica alquanto tortuosa ed arrivò ad una conclusione piuttosto sconcertante: questi bambini, attraverso complicati processi psicologici che modificavano radicalmente la regione emotiva del cervello, si identificavano nel ruolo del padre ed arrivavano a considerare la madre come la persona del sesso opposto verso cui si provava maggiore attrazione, a tal punto da volere un’unione matrimoniale con ella. In seguito lo svizzero Carl Gustav Jung separò un analogo femminile per il complesso: venne chiamato “Complesso di Elettra” e presenta una situazione simile a quella edipica, soltanto a ruoli invertiti, dove la bambina vuole possedere il padre, tagliando nettamente fuori la madre resa colpevole per non averla creata col pene. Anche presentandosi in maniera leggermente diversa, il tutto può essere inglobato nella raffinata descrizione che Freud diede dell’evento, senza contare alcuna differenza per sesso.
Analizziamo più dettagliatamente la questione: innanzitutto, il nome deriva dall’antico racconto mitico greco di Edipo, il quale arrivato nella città di Tebe, uccide inconsapevolmente il padre Laio e sposa sua madre Giocasta, avviando così un rapporto incestuoso.
I sintomi del complesso insorgono, appunto, nella fase dello sviluppo affettivo del bambino, il quale può variare dai 3 ai 6 anni, e peggiorare ulteriormente fino alla fase della pubertà. Inizialmente Freud notò che il piccolo paziente (maschio o femmina) cominciava col manifestare i piccoli gesti d’affetto che ognuno rivolge alla propria madre, i quali però, col passare degli anni, venivano ingigantiti da continue richieste da parte del fanciullo di maggiori attenzioni della figura materna. Entrando nella fase adolescenziale, il soggetto comincia ad avere il piacere della scoperta genitale e della differenza dei sessi; ed è proprio qui che egli inizia a rispecchiare sua madre come la donna della propria vita e anche ad intromettersi nelle eventuali effusioni amorose dei due genitori e ad impedire al padre di rivolgere la parola alla donna. Il tutto viene completato da alcune fantasie del giovane di un eventuale matrimonio con la madre e con una possibile eliminazione del padre. Nei casi peggiori, il ragazzo esplicita comportamenti irrispettosi e aggressivi nei confronti del padre e lo incita ad allontanarsi dalla madre: il ragazzo, nel suo contorto labirinto mentale comincia ad immaginare che il padre voglia punirlo per questo suo amore per la madre e, quindi, voglia castrarlo. L’insistenza del genitore, ignaro del “complesso” che avrebbe potuto colpire il figlio, potrebbe portare nelle situazioni più estreme all’assassinio del padre da parte del proprio figlio. Tutt’oggi, non abbiamo esempi estremi di questo complesso: pare che esso sia un problema risolvibile abbastanza facilmente se il padre cominci subito con i rimproveri e i ricatti dovuti.
Infatti, nella fase adolescenziale, l’Edipo comincerebbe a spostare il suo interesse verso un individuo di sesso femminile diverso dalla madre poiché impossibilitato nel conquistare la genitrice e impaurito da una possibile drastica reazione (ovviamente ricreata totalmente nel suo cervello) che il padre potrebbe avere nei suoi confronti. Certamente, vi sono stati casi in cui Freud ha sperimentato che il disturbo sia stato mal risolto nell’infanzia e che quindi tutto ciò avrebbe portato ad un’altra serie di disturbi psichici, tra i quali l’identificazione con la figura della madre e, di conseguenza, l’attrazione verso individui dello stesso sesso.
Secondo alcuni esperti in materia, la cattiva risoluzione del complesso edipico sia alla base della maggior parte delle mentalità che si siano orientati con la crescita verso l’omosessualità.
Tuttavia, ponendo a sé il fenomeno dell’omosessualità, si è soliti affermare che questo disturbo psichico passi verso i quattordici anni, quando ormai il ragazzo è consapevole di essere il cavaliere che deve conquistare la sua principessa nel mondo esterno, non all’interno del proprio castello.