A partire dal 1973, i paesi produttori di petrolio, riuniti nell’OPEC, hanno iniziato una politica di rialzo dei prezzi di vendita del greggio. Questa politica ha messo in seria difficoltà tutti i ricchi paesi dell’Europa e gli Stati Uniti, forti consumatori di petrolio, che hanno bisogno di grandi quantità di combustibile per alimentare le centrali termoelettriche, dove si produce l’energia necessaria a muovere i grandi macchinari industriali. L’aumentato costo del petrolio ha determinato l’aumento dei prezzi in tutti i settori della produzione e conseguentemente ha suggerito la costruzione di centrali elettriche alimentate da fonti di energia meno costose: molti paesi si sono orientati verso le centrali nucleari.
Nel 1977, in 22 paesi del mondo erano in funzione 215 centrali nucleari; nel 1999 funzionavano 436 centrali. L’energia fornita raggiungeva così il 17% della produzione totale. Ma due gravi incidenti hanno posto il freno all’incremento di ulteriori impianti. Nel 1979 a Three Mile Island in Pennsylvania, un guasto al sistema di raffreddamento ha fatto temere la catastrofe. Ben più grave è stato l’incidente verificatosi a Chernobyl, in Ucraina, nell’Aprile del 1986. In seguito all’iniziativa personale di alcuni addetti alla centrale, sono stati disattivati tutti i sistemi di sicurezza e contemporaneamente alzate le barre di controllo: questo ha dato avvio a una reazione a catena non controllata.
Il bilancio è stato pesantissimo; qualche mese dopo, la cittadina di Chernobyl è stata rasa al suolo, per consentire il risanamento del terreno nel raggio di 30 km.
I danni più grandi purtroppo si vedranno a lungo termine, perché le 50.000 persone investite direttamente dalle sostanze radioattive potranno manifestare anche a distanza di anni malattie molto gravi di tipo tumorale.
Tutta l’Europa è stata contaminata dalla nube radioattiva fuoriuscita dalla centrale di Chernobyl: le correnti d’aria ad alta quota hanno trasportato le radiazioni anche in Italia, che è stata tra le nazioni più colpite. Dopo questo disastro e in seguito a un referendum popolare, i cittadini italiani si sono espressi per bloccare la costruzione di nuove centrali nucleari, già programmate e avviate in Italia.
Un altro disastro nucleare è avvenuto a Fukushima in seguito al maremoto del Tōhoku dell’11 marzo 2011 (clicca qui per maggiori dettagli).
Un altro problema legato alla produzione di energia nucleare è lo smaltimento delle scorie radioattive, cioè i residui dell’uranio ormai esaurito. Questo materiale è altamente pericoloso, perché mantiene una certa quantità di radioattività, non sufficiente per alimentare la reazione a catena nel reattore, ma abbastanza elevata per procurare danni al nostro organismo. Le scorie radioattive vengono conservate per un certo periodo di tempo all’interno del contenitore principale della centrale nucleare, dopodiché vengono trasportate negli impianti di ritrattamento.
I prodotti più dannosi dopo essere stati trattati vengono sigillati in bidoni d’acciaio e cemento e custoditi in depositi severamente sorvegliati. Questo materiale rimane pericoloso per lunghissimo tempo e attualmente non sono ancora state trovate soluzioni per una sua sistemazione definitiva.