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Secondo alcuni dati, in Italia, un bambino su tre nasce con un parto cesareo anziché con un parto spontaneo. La cifra di cui parliamo è arrotondata per difetto perché le statistiche dell’Istat dichiarano un 36% di nascite con taglio cesareo.

Questa è la percentuale più alta del mondo, superiore anche a quella degli Stati Uniti del 31% e della media Europea che è del 26%.
In campania si sale addirittura al 56%, ciò significa che più di un parto su due finisce in sala operatoria. Non è di certo un primato del quale andare fiero.

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E’ vero che il cesareo può salvare la vita alla mamma e al bambino in molte circostanze, per esempio quando c’è un travaglio prolungato, una sofferenza fetale o quando il bimbo che deve nascere si trova in una posizione anomala che renderebbe rischioso il parto naturale; però gli esperti sanno quando è necessario e quando non lo è, quindi si potrebbero ridurre.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha detto chiaramente da molti anni che non c’è nessuna buona ragione perché questa tecnica sia utilizzata oltre il 10-15% dei casi. Se si va oltre, le riduzioni del rischio per madre e nascituro scompaiono e i rischi di complicazione aumentano.
Aumentano anche i costi, l’OMS parla di più di 2 miliardi e 300 milioni di dollari spesi inutilmente nel mondo. Infatti, il parto cesareo è comunque un intervento chirurgico effettuato in una sala operatoria nel quale vengono tagliati muscoli, viene inciso l’utero e si pratica un’anestesia. Dunque sarebbe bene limitarlo ai soli casi in cui sia davvero necessario.

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Di Raffo Coco

Ciao a tutti, mi chiamo Raffaele Cocomazzi e sono il cofondatore di BMScience. Sono appassionato di Scienza, Medicina, Chimica e Tecnologia. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli studi di Foggia e attualmente MFS in Medicina Nucleare presso l'Alma Mater Studiorum (Università di Bologna). Se ti piacciono i miei contenuti supportaci con una donazione Paypal.