La SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), chiamata anche malattia di Lou Gehrig, è una malattia neurodegenerativa che rende quasi impossibile la capacità di movimento. La SLA colpisce i motoneuroni centrali e quelli periferici che smettono quindi di inviare impulsi ai muscoli. Si stima che in Italia ci siano circa 3500 malati di SLA e che ogni anno ci siano 1000 nuove diagnosi.
La SLA colpisce soprattutto le persone tra i 40 e i 60 anni d’età di tutte le razze e gruppi etnici. Gli uomini sono più frequentemente colpiti delle donne.

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Le cause della SLA sono sconosciute e si manifesta in modo apparentemente casuale. Alcuni ricercatori ipotizzano che la SLA sia dovuta ad una risposta immunitaria del nostro sistema immunitario che non riconosce più le cellule neuronali considerandole cellule estranee e perciò le distrugge.

Già dall’etimologia della definizione “sclerosi laterale amiotrofica” si possono capire le caratteristiche della malattia: si ha un atrofizzazione ed indebolimento dei muscoli in seguito ad un indurimento della zona dei cordoni laterali del midollo spinale. Tutto ciò è dovuto ad un processo abiotrofico-degenerativo che consiste nella morte neuronale che provoca una sostituzione della guaina mielinica con una reazione proliferativa dell’astroglia che tende ad indurirsi, perciò le persone colpite da SLA perdono progressivamente i motoneuroni superiori (corticali) e inferiori (troncoencefalici e spinali). Questo significa che la patologia non altera la personalità, l’intelligenza o la memoria e non interferisce con la vista, l’olfatto, il gusto, il tatto e l’udito.

I sintomi di solito si manifestano gradualmente e possono, inizialmente, essere confusi con quelli di altre malattie come tumori del midollo spinale, sclerosi multipla o compressione dei nervi. Quando i sintomi progrediscono diventa più facile arrivare alla diagnosi. I sintomi sono dovuti alla distruzione dei motoneuroni, quindi un indebolimento muscolare progressivo che provoca paralisi, disfagia, disartria e indebolimento dei muscoli respiratori fino a portare alla morte, in genere entro pochi anni.
La maggior parte delle persone con SLA inizia ad avere problemi respiratori entro 3-5 anni dall’esordio della malattia, costringendo la sopravvivenza soltanto con il supporto di una macchina per gonfiare e sgonfiare i polmoni.

La diagnosi di SLA è basata principalmente sui sintomi e sui segni che il medico osserva nel paziente e su una serie di test che servono per escludere altre malattie. I medici esaminano la storia medica completa del paziente e di solito conducono esami neurologici a intervalli regolari per valutare se sintomi come la debolezza muscolare, l’atrofia di muscoli, la iperreflessia e la spasticità stiano diventando progressivamente peggiori. Si possono effettuare dei test elettrici chiamati EMG e NCV su muscoli e nervi. Essi sono l’elettromiogramma, una tecnica di registrazione speciale che rileva l’attività elettrica provocata o spontanea nei muscoli, e che consente di rilevare eventuali aree di denervazione, attiva e cronica, e la velocità di conduzione nervosa, che può suggerire, ad esempio, che il paziente abbia piuttosto una forma di neuropatia periferica (danno ai nervi periferici).

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Non c’è nessuna cura definitiva per la SLA. Nonostante questo, è stato recentemente approvato dalla Food and Drug Administation (FDA), il primo trattamento farmacologico per la SLA; si ritiene che il riluzolo possa ridurre il danno ai motoneuroni. Inoltre prolunga la vita per diversi mesi, soprattutto nei pazienti che hanno difficoltà a deglutire ed estende il tempo durante il quale l’ammalato può rimanere libero dal supporto respiratorio.
Tuttavia il riluzolo non fa regredire il danno ai motoneuroni, ma ne rallenta la degenerazione.

I ricercatori stanno studiando varie soluzioni per ritardare l’avanzamento della SLA. Esperimenti svolti sui topi hanno confermato che le cellule staminali si spostano nella zona in cui si trovano i neuroni danneggiati e che quindi potrebbero essere utilizzate a scopi terapeutici.

Altre possibili cure, in sperimentazione, comprendono la somministrazione di un chemioterapico, la ciclofosfamide e il G-CSF, il fattore di crescita granulocitario, supportato dalla reinfusione di cellule staminali emopoietiche autologhe.

Fonte: Wikipedia – Farmaco e Cura

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Di Raffo Coco

Ciao a tutti, mi chiamo Raffaele Cocomazzi e sono il cofondatore di BMScience. Sono appassionato di Scienza, Medicina, Chimica e Tecnologia. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli studi di Foggia e attualmente MFS in Medicina Nucleare presso l'Alma Mater Studiorum (Università di Bologna). Se ti piacciono i miei contenuti supportaci con una donazione Paypal.