Ci sono prove crescenti che dimostrano come la perdita di biodiversità aumenta la nostra esposizione a patogeni zoonotici sia nuovi che consolidati. Pertanto, ripristinare e proteggere la natura è essenziale per prevenire future pandemie, secondo un nuovo articolo della rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences” (PNAS) che sintetizza le attuali conoscenze su come la biodiversità influisce sulla salute umana e offre raccomandazioni affinché la futura ricerca possa servire da guida per la gestione.
La principale autrice dello studio, Felicia Keesing, professoressa del Bard College e scienziata in visita al Cary Institute of Ecosystem Studies, negli Stati Uniti, spiega che “esiste un mito persistente secondo il quale le zone selvagge con alti livelli di biodiversità siano focolai di malattie. Maggiore varietà di animali equivale a patogeni più pericolosi. Tuttavia questo è sbagliato! La biodiversità non è una minaccia per noi, ma in realtà ci protegge dalle specie più propense ad ammalarci”, afferma.
La principale autrice dello studio, Felicia Keesing, professoressa del Bard College e scienziata in visita al Cary Institute of Ecosystem Studies, negli Stati Uniti, spiega che “esiste un mito persistente secondo il quale le zone selvagge con alti livelli di biodiversità siano focolai di malattie. Maggiore varietà di animali equivale a patogeni più pericolosi. Tuttavia questo è sbagliato! La biodiversità non è una minaccia per noi, ma in realtà ci protegge dalle specie più propense ad ammalarci”, afferma.
Le malattie zoonotiche come il COVID-19, il SARS e l’Ebola sono causate da patogeni che infettano sia gli esseri umani che gli altri animali vertebrati, tuttavia le specie animali differiscono nella capacità di trasmettere i patogeni che ci fanno ammalare.
ick Ostfeld, ecologista di malattie nel Cary Institute e coautore dell’articolo, spiega come “la ricerca sta dimostrando che le specie che prosperano nei paesaggi sviluppati e degradati sono spesso molto più efficaci nell’accogliere i patogeni e nel trasmetterli alle persone. In paesaggi meno disturbati e con una maggiore varietà di animali, questi serbatoi di rischio sono meno abbondanti e la biodiversità ha un effetto protettore”, sottolinea.
I roditori, i pipistrelli, i primati, i mammiferi ungulati come le pecore e i cervi, e i carnivori, sono stati segnalati come i taxa dei mammiferi con maggior probabilità di trasmettere patogeni agli umani. Keesing e Ostfeld sottolineano come “è molto più probabile che il prossimo patogeno emergente provenga da un topo che da un rinoceronte”.
Questo è dovuto al fatto che gli animali con storie di vita veloci tendono ad essere più efficienti nel trasmettere gli agenti patogeni. Keesing spiega che “gli animali che vivono velocemente, che muoiono giovani ed hanno una maturità sessuale precoce con molta prole, tendono ad investire meno nelle loro risposte immunitarie adattative. Tendono ad essere migliori trasmettitori di malattie, in comparazione con gli animali più longevi e con maggiore immunità adattativa”.
Quando viene persa la biodiversità nelle comunità ecologiche, le specie più grandi e longeve tendono a scomparire per prima, mentre le specie più piccole con una storia di vita rapida tendono a proliferare.
La ricerca ha scoperto che i mammiferi ospiti di virus zoonotici hanno meno probabilità di essere specie di interesse per la conservazione (cioè, sono più comuni) e che tanto per i mammiferi, come per gli uccelli, lo sviluppo umano tende ad aumentare la abbondanza di specie ospiti zoonotiche.
“Quando erodiamo la biodiversità, privilegiamo le specie che hanno maggiori probabilità di essere ospiti zoonotici, il che aumenta il rischio di eventi di contagio“, afferma Ostfeld. “La gestione di questo rischio richiederà una migliore comprensione di come, cose quali la conversione dell’habitat, i cambiamenti climatici e il sovrasfruttamento influiscano sugli ospiti zoonotici e su come il ripristino della biodiversità nelle aree degradate potrebbe ridurne l’abbondanza”.
Per prevedere e prevenire il contagio, Keesing e Ostfeld sottolineano la necessità di concentrarsi sugli attributi dell’ospite associati alla trasmissione della malattia, piuttosto che continuare a discutere l’importanza primaria dell’uno o dell’altro taxon.
Ostfeld spiega che “dovremmo smettere di presumere che ci sia un’unica fonte animale per ogni patogeno emergente. Gli agenti patogeni che passano dagli animali alle persone si trovano spesso in molte specie animali, non solo in una. Dopotutto, tendono a muoversi tra le specie con facilità.”
Svelare le caratteristiche degli ospiti zoonotici efficaci, come le loro strategie immunitarie, la resistenza agli stimoli esterni e le preferenze dell’habitat, è fondamentale per proteggere la salute pubblica. Prevedere dove prosperano queste specie, e dove è probabile la trasmissione e l’apparizione di agenti patogeni, può orientarci verso interventi specifici.
Keesing osserva che “il ripristino della biodiversità è un’importante frontiera nella gestione del rischio di malattie zoonotiche. Gli agenti patogeni che infettano gli esseri umani (patogeni zoonotici) spesso proliferano a causa dell’impatto umano”.
Conclude dicendo: “mentre ricostruiamo le nostre comunità dopo il COVID-19, dobbiamo tenere ben presente che una delle nostre migliori strategie per prevenire future pandemie è proteggere, preservare e ripristinare la biodiversità”.
Fonte: Infosalus